RSE ha analizzato diversi percorsi che permettono di raggiungere al 2050 la neutralità carbonica dell’intero sistema energetico nazionale.
Sono stati disegnati a partire da uno scenario di riferimento, ed esplorano evoluzioni e percorsi del sistema energetico nazionale in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati al 2050 al minimo costo.
È stato utilizzato il modello TIMES_RSE stato sviluppato nell’ambito di IEA-ETSAP (Energy Technology Systems Analysis Program), una comunità internazionale, dove RSE è una Contracting Party di ETSAP per l’Italia, che sviluppa scenari energetici per condurre analisi energetiche e ambientali approfondite.
Dagli scenari previsti emerge che al 2050 sarà probabilmente difficile azzerare le emissioni in atmosfera e ci saranno delle emissioni residue incomprimibili derivanti per lo più dai processi industriali, dall’utilizzo di solventi e F-gas, dai rifiuti e dal settore agricolo e zootecnico, i cosiddetti “hard-to-abate sectors”.
Le emissioni residue potranno essere compensate con l’assorbimento dei “pozzi naturali” mettendo in campo politiche di contrasto agli incendi e di gestione sostenibile del suolo.
Per raggiungere la neutralità climatica al 2050, il sistema dovrà ricorrere ad alcune leve fondamentali, che presentano forti sinergie tra loro e rappresentate in Figura 1:
I gradini rappresentati in figura sono della stessa dimensione ma è evidente che ogni contributo potrà essere aumentato o diminuito a seconda delle opportunità tecnologiche, economiche e politiche, fermo restando che la somma totale dovrà avere come obiettivo sempre il 100%.
Il primo gradino è il contributo dell’efficienza energetica.
L’Italia è tra i primi paesi al mondo per efficientamento energetico e anche se rimangono ulteriori margini di miglioramento, non è pensabile un apporto alla decarbonizzazione di grande impatto.
Le FER hanno ancora grandi margini di crescita e si conta molto su questo contributo. L’elettrificazione può crescere ancora anche se siamo già ad un livello molto alto ma, in ambito industriale dove si utilizzano temperature superiori a 300 °C, l’elettrificazione è difficilmente applicabile.
L’idrogeno è in un certo senso una novità in questo scenario tanto che che nelle prime versioni del PNIEC aveva solo un ruolo di comparsa.
Il contributo che può dare l’idrogeno è legato fortemente alla crescita delle FER la cui generazione di energia elettrica si prevede sarà tale da non poter essere immagazzinata “ad oltranza” dopo il 2030 causa il parco accumulatori limitato, lasciando grande spazio per la produzione di idrogeno verde in gran parte per mezzo dell’elettrolisi.
Le tecnologie P2G/Heat/Biometano, così come le Power to Liquid possono crescere in modo significativo solo con la disponibilità grandi quantità di idrogeno e/o di reali e fattibili applicazioni del CCS/CCU/DAC. In ultimo rimane il contributo dell’economia circolare che sarà sicuramente il nuovo paradigma del futuro ma deve affrontare sfide molto difficili ed un ripensamento globale di tutta la catena del valore che riguarda, in particolare, il settore industriale.
Si evince quindi che oltre alla sinergia tra le leve rappresentate in Figura 1 esiste una concatenazione di grande effetto tra alcune di queste che si può rappresentare nel seguente schema:
Si vede quindi come il ruolo dell’idrogeno sia fondamentale per garantire la massima sinergia tra le principali leve su cui poggia la decarbonizzazione del mercato.